33 MIGLIA MARINE – I QUATTRO PORTI DI GENOVA
L’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale oggi comprende tre città portuali (Genova, Savona, Vado Ligure) e quattro scali: Genova, Pra’, Savona e Porto Vado. Questi quattro approdi portuali rappresentano attualmente una delle principali attività produttive e commerciali del territorio ligure. Sono l’anima pulsante della regione, spesso situati nel cuore stesso delle città che li ospita (il Porto Antico di Genova, la Vecchia Darsena di Savona) e costituiscono nel loro complesso luoghi di enorme interesse, per la loro storia e in virtù dei rapporti instaurati con il tessuto urbano, con le istituzioni, con gli attori sociali del territorio.
Sono realtà portuali molto variegate e differenti tra di loro per attività, tradizione, storia e funzioni. Ma insieme lavorano e tendono verso un sistema integrato portuale molto dinamico, unico nel suo genere. Il Porto, da sempre, è un luogo che – pur essendo la porta di accesso privilegiata al Mediterraneo per un bacino di popolazione estremamente considerevole – ri- mane celato, nascosto, proibito. É confinato sempre al di là di una serie di barriere, doganali, fisiche, culturali. L’ambito di una Autorità Portuale, per altro, è molto più ampio e incredibilmente più complesso del puro approdo commerciale: comprende spazi demaniali, pubblici, abitativi, ludici, associativi, sportivi e creativi. È la vita urbana in simbiosi con il mare. Di giorno come di notte. Con qualunque clima, in qualunque stagione.
I quattro porti al centro di questo progetto sono un organismo istituzionale che comprende un bacino costiero estremamente considerevole e variegato, che si sviluppa lungo 33 miglia marine nautiche (circa 70 km). Ports of Genoa è un sistema portuale integrato che permette al territorio di immaginare uno sviluppo costiero di grande competitività, dotato di caratteristiche logistiche assolutamente uniche. Questo tratto di costa recentemente ha acquisito ancora maggior peso specifico e importanza a causa del tragico evento del crollo del Ponte Morandi, che ha sconvolto Genova e tutto il Nord Ovest. In questa nuova e imprevedibile contingenza lo scenario rappresentato dal Nuovo Porto di Genova e dai suoi quattro scali acquista una nuova connotazione, una fondamentale importanza.
Il progetto 33 Miles
Il progetto prevede la realizzazione di un film documentario lungometraggio sul Porto contemporaneo, sulle sue varie articolazioni oggi. L’obiettivo è quello di restituire il presente di questo ambito del territorio troppo spesso distante e inaccessibile alla maggior parte della popolazione. Il Porto è uno spazio caratterizzato dal lavoro nelle varie operazioni commerciali, ma anche luogo di svago, sede di attività sportive e associative, punto di partenza per viaggiatori e croceristi, opportunità per il tempo libero, sede di numerose attività produttive. Avvicinarsi a questa realtà portuale, anzi ai quattro Porti (Genova-Pra’-Savona-Vado) di questa parte di Nord Ovest italiano, della West Coast, è un modo per fotografare la contemporaneità di un contesto italiano sottoposto a un particolare stress in questa fase storica (una regione spezzata in due dal cedimento della sua infrastruttura principale, la prospettiva del mare come principale se non unica via di ripresa) e caratterizzato da elementi sintomatici di un malessere profondo che viene da lontano: la denatalità, la crescente geriatrizzazione della Regione Liguria, la crisi occupazionale che si trascina da decenni, ma anche i tentativi di resistere a tale deriva. Se a terra lo scenario è avvilito e destabilizzato, è dal mare che viene la speranza e la forza: e dai porti si accoglie e distribuisce questa energia.
Vogliamo raccontare in modo creativo un processo che in estrema sintesi è il medesimo da millenni: trasportare da bordo alla terraferma merci e persone, e viceversa. Ma oggi questa attività è differente da come è sempre stata per centinaia di anni: fino a pochi decenni fa la manualità del lavoro era determinante, oggi il rapporto con le macchine è il fulcro dell’attività produttiva. Strumenti giganteschi, dimensioni enormi, spazi sterminati. Un’unica prospettiva rimane immutata: la linea dell’orizzonte. Raccontare la complessità di questo ecosistema – estremamente rappresentativo di un territorio e della sua gente – entrare dentro alle dinamiche di una tipologia di lavoro unica ma al tempo stesso multiforme, dotato di sue precise caratteristiche, di un suo linguaggio (con un alfabeto, un lessico e una grammatica propri) è la sfida che ci affascina e che ci attrae. Il fatto che questo contesto unico si trovi in una congiuntura straordinaria per la sua drammaticità non fa che aumentare il nostro interesse. Le vicende che tengono insieme, in un unico contesto la realtà della terraferma e quella dei suoi porti ci sembra in grado di portare una luce nuova non solo alla linea della costa e allo scenario del lavoro di banchina in Liguria, ma a tutta una realtà sociale che ha di fronte a sé una sfida enorme e complessa, inedita e drammatica.
La sfida è cercare di raccontare questo organismo complesso con lo strumento dell’osservazione partecipata, in cui lo sguardo della macchina da presa sappia raccontare, descrivere ed esaltare la sfida quotidiana che si affronta in un ambito così affascinante come la banchina portuale. D’altro canto, le voci degli operatori portuali, veri protagonisti del film, scaturiscono dalle vicende vissute in prima persona e scandagliate dalla macchina da presa. Ciò che circonda le realtà portuali, infine, ovvero le città, le colline, le vie di accesso ai quattro porti sono un inevitabile ‘fuoricampo’ con cui è necessario confrontarsi, oggi più che mai e che prepotente, cerca un suo spazio e una sua affermazione dentro il tessuto narrativo del film.
Elemento di fascinazione, esplorazione di questi stesi spazi attraverso la matrice del tempo saranno i materiali di repertorio e di archivio che andranno ad inserirsi all’interno della narrazione, offrendo una prospettiva ed una profondità nuove alle storie del presente.